Convegno internazionale: Crises and alternative agricolture in a European Perspective
Il convegno si svolge a Villa Emo, Castelfranco Veneto, Treviso
Dal 05.12.2013 al 07.12.2013
Dove, quando e come e in che condizioni si sono sviluppate le alternative cultures? Che rapporto si può individuare tra fasi di recessione/espansione e il successo delle alternative cultures? Se il rapporto tra la fortuna delle alternative cultures e le fasi di crisi è problematico, all'inverso in che modo le alternative cultures potevano essere all'origine di crisi agricole per le regioni che le avevano adottate?
Gli organizzatori del Convegno si propongono di mettere a profitto la messe di lavori condotti sulle "alternative culture" e che hanno rinnovato la visione dell'agricoltura di Ancien Regime. Le comunicazioni esaminerarmo innanzitutto in che modo le "alternative culture" hanno rappresentato una risposta alle crisi dell'economia agricola e, all'opposto, in che modo queste scelte strategiche hanno potuto causare o facilitare la propagazione di crisi.
Il Convegno è organizzato sotto l'egida del Groupe De Recherches International (GDRI) CRICEC (Crises and Changes in the European Countryside), del Centre de Recherches Historiques/ERHIMOR (Francia), del Centre de Recerca d'Història Rural de la Universitat de Girona (Spagna) e dal Dipartimento di Studi Storici, Geografici e dell'Antichità dell'Università di Padova (Italia). Il Comitato organizzativo è composto da: Gérard Béaur, Jean-Michel Chevet, Rosa Congost, Salvatore Ciriacono, Danilo Gasparini, Elisabetta Novello.
Gli studi di storia dell'agricoltura si sono concentrati a lungo sul tema della crescita della produzione e delle rese cerealicole. Nulla di più normale all'interno di una concezione dell'economia preindustriale fondata sulla cerealicoltura, che avrebbe dovuto sostenere un'alimentazione basata quasi esclusivamente sul pane. L'importanza attribuita alle crisi di produzione e alle conseguenti carestie all'interno di una concezione maltusiana dei rapporti tra agricoltura e popolazione ha condotto buona parte degli studiosi a prendere come unità di misura della crescita l'incremento della produzione e della produttività cerealicola. Si è quindi cercato di misurare l'andamento nel lungo periodo della produzione studiando le decime e di valutare l'intensità delle carestie in base alle oscillazioni del prezzo del frumento. La viticoltura, come pure l'allevamento, sono stati al centro di un'abbondante letteratura, ma a questi settori è stata comunque riconosciuta solo un'importanza limitata a fronte del peso decisivo attribuito ai cereali per la sussistenza della popolazione. Di recente, tuttavia, è intervenuto un cambiamento radicale. Dal momento in cui la crescita del consumo urbano ha iniziato a divenire un fattore decisivo per lo sviluppo della campagne e si è smesso di considerare l'agricoltura come un attività mirata alla pura sussistenza, riconoscendo che il contadino non è sempre e necessariamente avverso al mercato, è stata rivolta un'attenzione sempre maggiore verso i prodotti destinati ad una clientela agiata o alle materie prime per la produzione manifatturiera. Altri prodotti diversi dai cereali, quali frutta, legumi e colture industriali, sono diventati oggetti di ricerca. In questo mutamento di prospettive storiografiche bisogna riconoscere un ruolo centrale all'invito di Joan Thirsk a studiare ciò che la storica inglese indica come le "alternative agri culture".
Al suo libro hanno fatto seguito lavori via via più approfonditi, che sono stati dedicati precisamente a valutare l'importanza di questo tipo di colture e ad indagarne le origini. Si è così rafforzata la convinzione che tutti i centri abitati, come pure le attività manifatturiere, abbiano generato dei flussi di domanda che per essere soddisfatti richiedevano l'apertura delle attività agricole verso produzioni non destinate all'autoconsumo o alla sola alimentazione dei mercato dei grani. Inoltre si è chiesto quali fossero le ragioni che portano i produttori ad abbandonare o a subordinare le colture di sussistenza per rivolgersi ad altre destinate alla commercializzazione sul mercato. Per Joan Thirsk il motore di questo mutamento e dell'affermazione della alternative agriculture è la recessione economica, che mette in difficoltà le colture tradizionali attraverso la depressione dei prezzi cerealicoli. In opposizione a questa teoria Jean-Pierre Poussou ha difeso l'idea che lo sviluppo delle "alternate agriculture" non abbia nulla a che vedere con i periodi di depressione, ma che la sua diffusione avvenne soprattutto in fasi di prosperità economica e crescita dei prezzi.